Ancora tu Hanno troppe cose in comune. Il culto del lavoro, a esempio, con Mazzarri che vive da solo a Napoli, lontano dalla famiglia, per concentrarsi solo sulla squadra e Conte a urlare, dal primo giorno di ritiro, ai suoi giocatori cosa voglia dire per lui la Juve e cosa debba rappresentare per loro. Poi c’è la dedizione al gruppo. Conte abbraccia uno a uno i suoi giocatori dopo la vittoria sul Milan in campionato, Mazzarri fa altrettanto con i suoi dopo l’exploit sul Manchester City in Champions League. Nessun cedimento, neppure alla logica delle bandiere. Mazzarri rinuncia senza rimpianti a Fabio Quagliarella, che stava cercando di conquistarsi il cuore dei napoletani, altrettanto fa Conte con Del Piero, che il cuore dei bianconeri l’ha sequestrato per la vita. Stesso stile di gioco fatto di pressing e velocità. E poi la cura maniacale dei particolari con esercitazioni tattiche ripetute all’infinito, non disgiunta da quella per i propri capelli. Il parrucchino dell’uno ha ispirato i più gustosi rompipallone di Gene Gnocchi, l’altro ama cambiare spesso look e non nasconde questo vezzo. Infine ilmododi vedere (vivere la partita). Per i giocatori, non rappresentano l’allenatore,mail dodicesimo in campo, come e più del pubblico.
L’ultimo voto Si stimano, l’hanno detto chiaramente. Mazzarri, ieri in conferenza stampa, Conte addirittura in diretta tv, sabato sera quando ha rovesciato la storia indicando il Napoli come modello per la Juve. Nei precedenti ottanta anni, era sempre stato il contrario. Superstiziosi (come tanti), disposti a tutto per la vittoria, un solo voto non sottoscriverebbero per vincere stasera: tagliarsi i capelli.